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Vito Del Prete

BIOGRAFIA

Del Prete Vito, nato a Frattamaggiore (NA) il 28 agosto 1942. Entrato nel PIME, ordinato sacerdote il 28 giugno 1968. Laureato in filosofia all’Università Federico II di Napoli, e in teologia alla Pontificia Facoltà Teologica di Napoli, dove ha insegnato Teologia Sacramentaria sino al 1975, anno in cui è partito per la missione in Bangladesh. Dopo lo studio della lingua inglese e bengalese, ha insegnato filosofia e teologia all’Istituto Teologico di Dacca. Dall’1983 assistente Generale della Direzione Generale del PIME, con il compito della formazione iniziale e continua, incaricato di seguire le missioni in Asia, e dell’Istituto Studi Asiatici, con convegni e studi specifici. 

Coordinatore del Progetto dell’Università statale della Cambogia, in cui il PIME era stato richiesto di assumere il dipartimento di sociologia, Filosofia e Storia. 

Docente agli Istituti di Scienze Superiori di Nola, di Napoli e di Aversa: Missiologia, teologia dell’evangelizzazione, Storia delle Religioni, escatologia. Coordinatore della revisione degli studi teologici dell’Istituto Teologico di Yangon , Myanmar (Birmania) dove ha insegnato antropologia teologica.

Attualmente Segretario Nazionale della Pontificia Unione Missionaria, docente di Storia delle Religioni e di escatologia all’Istituto Scienze Religiose della diocesi di Aversa, e di Storia delle Religioni all’Istituto Superiore di Scienze Religiose della Facoltà di Napoli. Docente di corsi di Missiologia alla Pontificia Università Urbaniana.

Pubblicazioni: Per una Teologia dei Sacramenti, collana (BTN) e varie pubblicazioni edite dall’editrice AVE, riguardanti culture e religioni asiatiche. Collabora con diverse riviste, tra le quali “Mondo e Missione”, Popoli e Missioni”, Orientamenti Pastorali.


 

MONDO DELLA COMUNICAZIONE: Areopago dell'evangelizzazione

Le trasformazioni planetarie a livello economico e culturale non solo sono favorite, ma anche determinate dal mondo della comunicazione. Questo costituisce oggi un areopago che è presente dovunque, in ogni continente, in Asia, in Africa in maniera più sensibile per gli effetti che può avere, ma anche in America Latina e in genere in tutto l’Occidente.

I mezzi di comunicazione di massa non solo trasmettono cultura, ma essi stessi, in quanto tali, sono e creano cultura. Anzi la stessa cultura è definita dall’antropologo  olandese Adrian Gerbrands "essenzialmente un sistema di comunicazione". Allason Hanson, un antropologo dell’Università del Kansas, afferma che la cultura è un processo di comunicazione in cui la gente costantemente trasmette e riceve messaggi su come costruire la natura della società e dell’esistenza umana, le forme di interazione umana, gli obiettivi e i mezzi per raggiungerli”. Nel suo libro “Silent Language” egli dedica un intero capitolo alla cultura come comunicazione.

Il Concilio Vaticano II nel decreto “Inter Mirifica” (4 dicembre 1963) già avvertiva l’importanza fondamentale dei MCS. “strumenti che, per loro natura, sono in grado di raggiungere e influenzare non solo i singoli, ma le stesse masse e l’intera umanità” (n. 1). Benché lo scopo di quel documento appaia chiaramente censorio e in funzione dell’apostolato della Chiesa, pure vi si sottintende l’intento di rendere questi mezzi strumenti idonei per il bene di tutta l’umanità. Insiste però piuttosto sui danni che essi possono arrecare se svincolati da ogni riferimento etico, all’individuo e alla società. Per cui richiama i cattolici a saper discernere e usare in modo appropriato e critico quanto questi mezzi producono. Inoltre la Chiesa invita i suoi fedeli ad utilizzare questi mezzi, perché possano comunicare in maniera moderna e con arte e al più vasto pubblico possibile il messaggio di salvezza.

La comprensione dei Mass-media da parte della chiesa è cambiata. Ha acquisito una importanza davvero fondamentale, se la Redemptoris Missio arriva a dire che il mondo della comunicazione sociale è “il primo areopago del mondo moderno”. Nel far fronte alle sfide poste dal Vangelo, oggi, i cristiani non possono sottovalutare i mezzi di comunicazione di massa. Anzi viene detto che essi devono “svolgere un ruolo essenziale nell’evangelizzazione diretta e nella trasmissione di verità e di valori che sostengono e accrescono la dignità dell’uomo. La presenza della Chiesa nei mezzi di comunicazione sociale è anche un aspetto importante dell’inculturazione del Vangelo richiesta dalla nuova evangelizzazione alla quale lo Spirito Santo esorta la Chiesa nel mondo” (Messaggio di G.Paolo II per la Giornata delle Comunicazioni Sociali 2001).

Non basta quindi usarli per diffondere il messaggio cristiano e il magistero della Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa “nuova cultura” creata dalla comunicazione moderna (Rmi 37c)

 

Influenza mondiale dei Mass-Media

I Mass-Media sono un terreno delicato, capace di influenzare e noi diciamo di determinare la vita dei popoli, essi per questo sono quell’ambito prioritario in cui devono essere impegnate le forze evangelizzatrici della Chiesa. Quale la ragioni che rende questo ambito così essenziale e prioritario per il compito di evangelizzazione?

Essi, questi strumenti di comunicazione, stanno sviluppando una cultura mondiale che si sta infiltrando e penetrando in tutti i paesi del mondo. Già dagli anni 1980 un rapporto dell’UNESCO sotto la presidenza di Sean Macbride dal titolo “Many voices. One world” denunciava l’esistenza di strutture ingiuste che tendono a dominare e a non rispettare le identità culturali dei popoli. E questo attraverso l’imposizione esterne di stili di vita, e una informazione sistematicamente deformata e in funzione dei poteri forti mondiali. “Dato che questi mezzi sono mezzi sociali di comunicazione, essi non possono essere mezzi  di dominazione sugli altri, in mano ad agenti di poteri finanziali e politici che mirano a imporre i loro programmi e i loro metodi. Essi devono diventare mezzi di espressione della società, che li usa e li tiene in vita. Essi devono venire incontro ai bisogni reali della società. Essi devono tenere in grande considerazione la cultura e la storia di una nazione”.

 

Comunicazione sociale come cultura

C’è uno stretto rapporto e reciproca dipendenza tra comunicazione sociale e cultura: la comunicazione esprime e trasforma la cultura, e a sua volta la cultura genera suoi propri modelli, processi e tecnologie di comunicazione. Oggi però non si parla solo di reciprocità tra comunicazione sociale e cultura, ma si afferma decisamente la presenza di una cultura dei media, a volte invadente e tentata di dominare ed emarginare ogni altra cultura. In effetti quasi ogni forma di istituzione – religione, governo, giustizia, sistema sanitario, educazione, famiglia, economia – è influenzata dai mezzi di comunicazione sociale. I Mass-media hanno imposto la cultura dell’immaginario,  secondo la quale non esiste, o quasi, distinzione tra sfera pubblica e privata. E ognuno vive modelli di vita che crede di avere elaborato. L’immaginario e il reale si fondono in una sfera dove è sempre più difficile distinguere dove finisce l’uno e inizia l’altro.. Spesso assumono il ruolo di agenti che legittimano e convalidano ciò che deve essere considerato credibile, normale, buono, desiderabile.

 

Linguaggio mass-mediatico: sfida posta all’evangelizzazione

L’uomo entra in contatto con il mondo attraverso il linguaggio. Possedere il mondo vuol dire avere un linguaggio. Nel linguaggio l’uomo conosce le cose, le comprende e le sottopone e alla propria responsabilità. Ecco qui il senso di questa sfida dell’evangelizzazione che si riferisce al linguaggio, già abbondantemente presente nel magistero di Paolo VI. “Le chiese particolari…hanno il compito di assimilare l’essenziale del messaggio evangelico, di trasfonderlo, senza la minima alterazione della sua verità fondamentale, nel linguaggio compreso da questi uomini e quindi annunziarlo nel medesimo linguaggio. La trasposizione deve essere fatta nel campo delle espressioni liturgiche, della catechesi, della formazione teologica, delle strutture ecclesiali secondarie, dei ministeri. E il termine linguaggio deve essere qui inteso meno nel senso semantico o letterario che in quello che si può chiamare antropologico e culturale” (EN n.63).

Per cui è necessario devitalizzare il linguaggio dei segni, raccontare la fede e dare ragione della propria speranza con le categorie e i linguaggi dell’uomo contemporaneo, superare le barriere del linguaggio che potrebbero trasformare la città dell’uomo  in una Babele, creando incomprensioni, divisioni, e contrapposizioni. Questo messaggio non sarà trasmesso efficacemente agli ultimi se non si terrà conto delle variabili culturali, educative del mondo, se non si adopererà il modulo della comunicazione di massa. Oggi si impone il dovere di creare nella comunità cristiana processi di comunicazione autentica, alternativa e a volte in contrapposizione ad una comunicazione sociale massificante e distorta. L’impegno per una comunicazione alternativa e liberante esprime una scelta di metodo e di valori coerenti al Vangelo, in risposta ad una sfida che lanciano gli stessi mezzi di comunicazione sociale. Impegnarsi per una comunicazione alternativa concretamente significa accettare impegni e sfide ben precise.

Vito Del Prete 

Vito Del Prete

Scheda Biografica

Mondo della comunicazione: Areopago dell'evangelizzazione

 

 

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