SCUOLA
DI COMUNICAZIONI SOCIALI IN PERIFERIA

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Belém-
Pará ( Brasil), piazza di Nazaret - negli anni
1960
Belém
- Pará ( Brasil), largo de Nazaré - nos anos
1960 |
Janesicleiton
Dos Santos ne aveva gia’ combinate parecchie e ora
sarebbe in galera se non si fosse iscritto a quel corso
di comunicazioni sociali in una parrocchia della
periferia di Belem, Parà-Brasile. L’iniziativa e’
di p. Claudio Pighin, 51 anni, del Pime, in Amazzonia
dal 1979 ed ora responsabile del settore Comunicazioni
sociali per la Conferenza episcopale brasiliana in 13
diocesi del Para’ e dell’Amapa’; incarico a cui si
dedica nei periodi liberi dall’impegno di direttore
del Centro di Comunicazioni sociali della Pontificia
Universita’ Urbaniana a Roma.
Tra
le varie attivita’ di formazione e sensibilizzazione
all’uso dei moderni mezzi di comunicazione di massa,
Pighin parla appunto con entusiasmo del corso intitolato
alla memoria di “Dom José Maritano”, già vescovo
di Macapà, Stato dell’Amapà-Brasile. “Abbiamo
cominciato nel 1998 – dice – con 33 giovani della
periferia di Belem: ragazzi disoccupati, col solo titolo
di scuola media, alcuni gia’ coinvolti in bande e in
piccole attivita’ criminose, senza alcuna prospettiva
per la vita. Abbiamo insegnato loro i rudimenti del
giornalismo, della fotografia, della radio e della
televisione, li abbiamo messi davanti a un computer ed
hanno cominciato a usarlo. Uno solo si e’ ritirato
prima della fine del corso”.
Dal
1998 l’iniziativa si ripete ogni anno. Sempre con lo
stesso numero di iscritti e 720 ore di lezione per
cinque o sei mesi. “Le richieste sono almeno 150
all’anno – dice p. Claudio – ma il nostro staff
valuta attentamente l’interesse e la preparazione di
base dei candidati, perche’ vogliamo il massimo
dell’impegno e della serieta’”. La scuola e’
itinerante. Ogni anno si svolge in un quartiere diverso
della periferia di Belem, appoggiandosi a qualche
parrocchia, che mette a disposizione un locale. Cio’
risolve il problema delle spese di trasporto in centro
citta’ per dei ragazzi che non hanno nulla. La maggior
parte degli iscritti sono cattolici, alcuni attivi nelle
comunita’, ma non esistono limiti confessionali.
Che
fanno poi questi giovani? “Anzitutto bisogna
considerare l’impatto positivo che l’iniziativa ha
su di loro – dice Pighin -. Dicono che la scuola da’
loro sicurezza. Vincono la timidezza. Rimangono sorpresi
dal fatto che anche loro possano imparare, rassegnati
com’erano a lottare per la pura sopravvivenza fisica.
Erano una “minaccia” per la societa’, ora
diventano una risorsa. Poi trovano lavoro in aziende
private, piccole radio e televisioni locali, che non
possono permettersi di assumere professionisti laureati
e specializzati. “Al punto che abbiamo problemi con il
sindacato – aggiunge p. Claudio -, che protegge invece
quelli che hanno fatto tutta la trafila e presentano i
requisiti di iscrizione presso il Ministero del lavoro.
Ma quelli sono anche i figli delle famiglie piu’
abbienti di Belem e del Para’. C’e’ sempre il
rischio che i nostri ragazzi, nati poveri, siano
destinati a rimanere tali proprio per colpa di chi
dovrebbe difendere i lavoratori”.
La
speranza viene dal governo del Para’, che si appresta
a riconoscere al corso una qualifica formale di scuola
di avviamento professionale. Le cose cambiano solo col
duro lavoro e le iniziative dal basso.
Giorgio Licini
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