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André Joos

«Chiese Cristiane
e Civiltà di Comunicazione:Quale scommessa»
Riflessioni introduttive sulla mutazione comunicativa di fronte alla quale le Chiese devono assumere la loro iniziativa di presenza pastorale e spirituale


I N T R O D U Z I O N E

 

LA MUTAZIONE INTERCULTURALE

  • TUTTO DIVENTA GESTIONE, EMOZIONE, PENSIERO COMUNICATIVI

    • NELLA COMUNICAZIONE TUTTO SI INTRECCIA: DAL PIÙ MATERIALE AL PIU' SPIRITUALE

    • NELLA COMUNICAZIONE TUTTO SI INTRECCIA: DAL PIÙ MATERIALE AL PIU' SPIRITUALE

    • NELLA COMUNICAZIONE DI MASSA, OGNUNO SI SENTE PRESO IN UNA RETE VORTICOSA

  • QUALI CAMBIAMENTI PIÙ PROFONDI?

    • L'IMMAGINARIO È PIÙ REALE DEL REALE

    • L'ARTIFICIALE È PIÙ NATURALE DEL NATURALE

    • L'INDIRETTO È PIÙ DIRETTO DELL'IMMEDIATO


LA MUTAZIONE INTERCULTURALE

Fin dove la scommessa comunicativa spinge le Chiese cristiane oggi? Dove ci porta l'evento comunicativo e quale è la sua incidenza sul nostro modo di essere cristiani? Quali esigenze di fondo pone il fenomeno comunicativo alla riflessione ecclesiale ed all'iniziativa pastorale della comunità di fede? Ecco alcuni modi di porre l'interrogativo che sempre più esplicitamente si delinea nella presa di coscienza dei credenti più sensibili ai 'segni dei tempi'.

La questione fondamentale è certo quella di sapere se sia in atto una mutazione culturale sostanziale, tale da richiedere una fondamentale trasformazione nella convivenza umana e conseguentemente nell'inserimento cristiano. Se molti sono dell'avviso che il fenomeno comunicativo odierno rimane 'periferico' -nell'esperienza umana- diversi colgono gli indizi di cambiamenti 'qualitativi' del percorso mai scontato dell'umanità. Vedendo quello che sta succedendo nella cosidetta 'rivoluzione comunicativa' dei tempi recenti, ci si rende conto che la chiave comunicativa è sempre stata alle sorgenti dell'esperienza, anche solo adesso essa acquista tutta la sua rilevanza. Si prende coscienza che l'era comunicativa -nel fenomeno della strumentalità tecnologica di massa- non prolunga i 'tempi moderni' ma li capovolge in qualche modo. Tutto deve essere riconsiderato partendo dall'evento comunicativo più 'vicino' a noi. Non 'cambia' il passato, ma lo si 'vede' in un'altra luce. Si parla di tempi 'post-moderni'. Quale sarà la Chiesa 'post-moderna'?

La società post-moderna è caratterizzata da tre grandi fenomeni.


TUTTO DIVENTA GESTIONE, EMOZIONE, PENSIERO COMUNICATIVI

1? Si dice, talvolta oggi, che la comunicazione è la sorgente dell'intera esperienza umana ed è perciò che la comunicazione coinvolge tutta la vita dell'umanità in tutte le sue dimensioni. Ciò che si fa, ciò che si sente emotivamente e ciò che si pensa nasce dalla comunicazione. Si comunica con gli altri e si comunica con tutto l'universo. Il 'dire' umano è la chiave di nascita che rivela questa specificità umana del comunicare, dal quale defluisce ogni altra iniziativa tipicamente e comunicativamente umana.


Acquista inanzitutto una importanza centrale il dialogo pubblico sulle idee, opinioni, informazioni, sentimenti ed emozioni, sui sistemi del pensare e dell'agire, sulle scelte religiose, etiche, sulle vie della maturazione umana complessiva. Infatti la persona umana vive e pensa nella misura in cui comunica e nella misura in cui riesce a formarsi informandosi, su tutto e su tutti. La convivenza civile è presa nel vortice di questi scambi oltre ogni 'distanza': distanza materiale ma anche distanza 'spirituale' (lontananza di certi temi ed interessi che sembravano sfuggire alla 'gente semplice'). Ciò che nell'era 'moderna' appariva come 'laïcismo secolaristico' (la scomparsa dell'interesse per le questioni di religione) non è più un criterio inappellabile, ma fa figura di una dei vari approcci possibili sull'esistenza.

NELLA COMUNICAZIONE TUTTO SI INTRECCIA: DAL PIÙ MATERIALE AL PIU' SPIRITUALE

2? Si costata, nei nostri giorni, che la comunicazione si svolge tramite una strumentalità di mediazione tecnologica sempre più sofisticata e complessa: dallo scritto, al 'dire' e 'l'udire' con le potenzialità dell'audio, al 'vedere' e 'mostrare' con le capacità del video, al 'sapere' e 'far sapere' possibilmente su tutti, su tutto e ovunque con le possibilità informative, al 'ricordarsi' e 'far ricordare' con la strutturazione delle memorie computerizzate, all'essere presenti in modo moltiplicato e senza ristrettezze di un dato luogo o di un dato momento con le telecomunicazioni e la satellizzazione, al gestire l'attività di routine per mezzo della robotizzazione programmabile a distanza...

Si verifica una compenetrazione sempre più inseparabile del 'materiale' e dell''immateriale', grazie ad una tecnologia comunicativa del sapere ormai alla base di ogni iniziativa umana credibile. Questa 'civiltà del sapere' impone delle esigenze aldilà del semplice 'benessere', piacere o godimento. Essa spinge l'ingegno umano a penetrare i strati ancora poco esplorati dell'esperienza, lasciandosi appassionare dagli orizzonti tuttora incerti che si prospettano davanti a noi. Le 'strane macchine' comunicative, audiovisive, informatiche, di trasmissione a distanza, i satelliti, le fibre ottiche, il laser ecc... non 'fabbricano delle cose' ma 'producono delle opinioni, dati memorizzati, immagini sfuggenti, messaggi documentati, impulsi immediatizzati. La 'secolaricità' che ignorava 'l'aldilà', e che si cimentava solo nei 'meccanismi' sociali, industriali, produttivi, appare già antiquata. Il movimento inter-culturale si amplifica, le memorie informative si ampliano. Lo sforzo di aggiornamento è notevole, la tensione interiore cresce, c'è chi si sfoga o vuol evadere da questo palcoscenico: dall'alcool alla droga... c'è chi tenta un disperato ritorno al 'corpo solo': dal culturismo all'estetismo o fino all'edonismo...

NELLA COMUNICAZIONE DI MASSA, OGNUNO SI SENTE PRESO IN UNA RETE VORTICOSA

3? Sembra diventare, adesso, realizzabile ipotizzare la scommessa di offrire tutto a tutti nel miglior dei modi possibili. La comunicazione è un evento -cioè- 'di massa'. Dal contatto puntuale ed individualmente diretto, si sviluppa una rete indiretta di trasmissione dei dati dell'esperienza umana. Si punta sul 'commuovere' e 'convincere' grazie al dialogo comunicativo di scambio, di testimonianza, di riflessione comune, al 'muovere' e 'far muovere' tramite la dinamica delle opinioni... Se tutti sono 'pervasi' dall'impatto comunicativo, rimane ancora da immaginare come tutti potranno avere 'voce in capitolo', o 'accesso' creativo nel gioco comunicativo comune. Per raggiungere auspicabilmente il maggior numero di persone, bisognerà organizzare strategicamente ogni iniziativa e modalità comunicativa. Occorrerà anticipare la programmazione intuendo l'interesse prioritario e prevedendo le incognite della partecipazione più ampia.


Nasce una particolare vulnerabilità mentale ed emotiva, propio da questa molla continua e dagli impulsi inarrestabili della 'tecnologia del sapere'. Si concepisce la vita sociale come una grande rete comunicativamente 'innervata'. La società 'moderna' vedeva il mondo come un grande 'macchinario' ed il corpo umano come un potente organismo muscolare ben ingranato, con l'inevitabile implicazione di comprendere i rapporti come confronti 'muscolosi' tra 'forza' e 'paura'. Ora, ci si impara a non fidarsi di se stessi, sapendo della propria incontrollabilità 'nervosa-comunicativa': sorge lo spettro della auto-distruzione, svanisce il facile ottimismo della perfetta macchina del mondo, scompare l'illusione del 'progresso'... Si prende coscienza che la vita è 'movimento' con ritmi sempre più incalzanti: né l'economia, né la politica, né l'industria hanno saputo cogliere la spirale che si sta tracciando. La complessità dell'esistenza non appare più come un 'difetto' da correggere grazie a qualche 'principio' fisso e semplicistico, ma come una scommessa per l'immaginazione creativa. La drammaticità del percorso umano si percepisce come affascinante incertezza di ogni impulso del quale non si sa se sarà ben emesso, ben trasmesso, ben accolto, ben corrisposto.

In tale situazione, il cristiano di oggi, che vuol prendere consapevolmente parte al dialogo pubblico della convivenza comunicativa, non può più accontentarsi di 'matematiche certezze' o di 'meccaniche precisioni' nella uniformità delle formule di annuncio evangelico e nella ripetizione formale di atteggiamenti scontati e pre-definiti, in un mondo che sa di essere compenetrato dall'immateriale e che cerca ansiosamente e vulnerabilmente quali siano i linguaggi per potersi aprire a questo 'aldilà' che il sapere comunicativo ed informativo non manca di richiamare continuamente, attraverso i dati e gli eventi che si vivono. Saranno i cristiani capaci di 'incarnarsi' in queste attuali scommesse invece di piangere sul 'latte versato' nel passato?? Non si tratta di pretendere che così si 'cambia la fede', ma di intuire come sta 'cambiando la storia' e la persona umana, come diceva Paolo VI "edificata dalla comunicazione". Comunicare vuol dire scommettere che potremo andare avanti scambiando in modo interessante ed appassionante per i partecipanti al dialogo pubblico. Per ottenere questo bisogna adoperare la molteplice sorgenti dei numerosi linguaggi comunicativi.


QUALI CAMBIAMENTI PIÙ PROFONDI?

Quando si parla di comunicazione tecnologica di massa, vi sono tre aspetti che si impongono direttamente all'attenzione di chi osserva il fenomeno comunicativo odierno. Come evocare le differenze fondamentali che l'evento comunicativo introduce nell'approccio umano sulla propria esperienza di vita? Si potrebbe -forse- riprendere le tre chiavi di partenza per evidenziare il cambiamento di prospettiva interculturale.

Tre 'principi-chiave' dell'approccio anteriore, che stanno forse capovolgendosi: la realtà, la natura, l'esperienza diretta?

Comunicazione, mezzi di comunicazione, mezzi di comunicazione di massa... Per chi guarda questo fenomeno con disapprovante distrazione, esso sembra situarsi fuori di 'ciò che conta veramente'. L'evento comunicativo tecnologico di massa si muove tra l'irreale, l'artificioso e l'evasivo... Di fronte a tale slittamento dell'esistenza, si propone talvolta di tornare 'alla realtà', di ancorarsi nei limiti invaricabili della 'natura', di vivere in 'contatto diretto'... La nostra Chiesa ha riconosciuto che la comunicazione edifica la persona, che i strumenti sono 'doni di Dio', che il coinvolgimento di massa è un processo di totalità nella partecipazione alla convivenza (*vedere la bibliografia più estesa dell'autore alla fine dell'articolo). Se questo è vero, conviene considerare un pò più da vicino ciò che potrebbe implicare un tale atteggiamento ecclesiale. Quale sarebbe la 'trasformazione di mentalità' dietro queste affermazioni? Tentiamo di riassumerla...

1° Là dove si avverte oggi che 'lo scambio fa la persona' si pensava prima che 'la realtà costituisce quello che si è'.

2° Là dove si comprende oggi che 'la mediazione traccia ciò che si diventa' si pensava prima che 'la natura predispone quello che si può essere'.

3° Là dove si accerta oggi che 'l'esperienza indiretta è quella più decisiva' si pensava prima che 'l'interpersonalità individuale diretta è quella più sostanziosa'.

Ecco un primo accenno sui tre nodi nevralgici che costituiscono spesso le nostre premesse per inquadrare ed impostare la questione di Dio, di Cristo, della Chiesa. Il 'reale', il 'naturale' e 'l'esperienza diretta' sembrano dei principi irremovibili per una credibile presentazione della specificità umana e della specificità cristiana. Non è difficile cogliere gli incroci più difficoltosi di questo triplice approccio con la presentazione dei 'principi' scontati della visuale cristiana:

1° La fede in Dio si radica nella 'realtà suprema', la quale è sorgente di tutto ciò che esiste.

2° La natura è la creazione normativamente stabilita da Dio e salvata in Cristo. Essa non è manipolabile da parte dell'umanità. La sovra-natura ne è la sorgente in Dio.

3° Il coinvolgimento ecclesiale nella grazia è una risposta individualmente diretta ed impegnativa alla Rivelazione interpersonalmente data.

Tre 'criteri-chiave' dell'approccio comunicativo, che sta forse delineandosi: l'immaginario, l'artificiale, l'esperienza indiretta?

 

Vi è -dunque- dell'altro: non si tratta soltanto di partire dallo 'scambio' piuttosto che dal 'realmente' esistente, dalla 'mediazione' intermedia piuttosto che dal 'naturalmente' dato, dall''indirettamente trasmesso' piuttosto che dal 'direttamente' assimilato. La comunicazione tecnologica di massa si presenta -oggi- con delle caratteristiche ancora più marcate. Tentiamo di evidenziarlo seguendo i tre momenti già accennati:

L'IMMAGINARIO È PIÙ REALE DEL REALE


1° Lo scambio comunicativo odierno viene moltiplicato e potenziato oltre i limiti dello spazio, ma permette anche di non dover sottostare alla simultaneità e alla continuità del tempo. Comunicazione 'a distanza' e comunicazione 'rimandata': dal telefono alla segreteria telefonica, dal programma 'in diretta' alla registrazione ridistribuita secondo i momenti di disponibilità di ognuno, dalla memorizzazione di un testo alla esecuzione rinviata della sua stampa... Lo spazio ed il tempo davano il contesto del 'reale'. I scambi vengono 'staccati' da questi limiti e -per poterlo realizzare- vengono raccolti tramite una strumentalità o una 'mediazione' tecnologicamente assai sofisticata. L'audio e il video, lo scritto e l'immagine, il sapere e la memoria si raccolgono -come fosse- 'in sospeso', per poter essere poi indirettamente (ovvero non nella simultaneità e nell'immediato contatto localizzato) percepiti e assimilati (cioè come produzione 'di massa' che ognuno farà suo secondo il suo proprio ritmo comunicativo). Questo materiale è -in qualche modo- "finto", ossia sembrerebbe un riflesso del 'reale' (una informazione, un documentario, una registrazione musicale è soltanto il riflesso dell'evento stesso). Si parla di un mondo dell''immaginario' che raccoglie tutti questi dati, pronti -poi- per entrare, quando serve, nel gioco comunicativo. Questa zona dell''immaginario' permette inoltre di ridistribuire e di rimaneggiare i dati, i contesti, le sottolineature, la rilevanza, l'impatto, le implicazioni di ciò che è successo 'realmente'. Anzi, l'immaginario diventa una possibilità di rielaborare l'insieme di ogni messaggio registrato. Quello che avviene diventa occasione per 'immaginare' ciò che se ne potrà fare. Lo 'scambio nell'immaginario' sarà quella sorgente che 'creerà e prospetterà la persona'?

L'ARTIFICIALE È PIÙ NATURALE DEL NATURALE


2° La mediazione comunicativa tecnologica conosce uno sviluppo -nei nostri giorni- tale che non ci si azzarda a fare previsioni sulle prossime scoperte per un arco che superi i 5 anni. Questi 'mezzi' e 'strumenti' -così chiamati finora- sono nati dalle invenzioni più spinte del mondo 'moderno' o 'industriale'. Ma ciò che distingue l'insieme di questa strumentalità con quella del mondo meccanico sembra essere l'assenza di ogni analogia tra essi e la 'natura' o 'le cose naturali': come una articolazione meccanica e l'articolazione corporale, come una corda e la liana, come un martello ed il pugno... Questi mezzi sono per eccellenza 'artificiali'. La similitudine che potrebbe delinearsi sarebbe soltanto quella con i labirinti 'cerebrali' che ci animano. Gli impulsi elettrici ed elettronici che costituiscono questa rete operativa non sembrano avere niente a che vedere con l'esito umano dell'agire, del commuovere e del sapere o pensare. Il distacco con la realtà del 'momento' e del 'luogo' si accentua in questa ricostruzione tecnologica dell'esperienza vissuta. Ciò che ci appare come 'naturale' viene ri-inventato per poter essere raccolto, memorizzato, smistato, organizzato, accessibile ovunque e sempre nel gioco comunicativo. Si è visto che questi strumenti non 'stanno' semplicemente a nostra disposizione (se vogliamo usarli, va bene; se non vogliamo, è lo stesso...). Essi non sono una semplice 'meccanica' che ha bisogno ogni volta della nostra decisione per rimettersi in moto, con aggiunta di energia. Essi sono programmati aldilà di ogni decisione individuale o di 'ripensamento' della decisione. Già con i giornali, che potrebbero sembrare dipendere da ogni decisione particolareggiata, le cose stanno diversamente. Anche non volendo, la scadenza settimanale "obbliga" le persone coinvolte (non per i macchinari -anche per essi però- ma principalmente per la programmazione della stessa testata) a continuare il loro coinvolgimento. Cosa dire, poi, della programmazione elettronica, o cibernetica o informatica? Ben dice la parola 'cibernetica': scienza del 'pilotaggio', anzi dell'auto-pilotaggio! Non possiamo decidere in ogni momento se utilizzare o no questi 'strumenti'; sono essi che ci tengono in altalena. Spesso i nostri rappresentanti ecclesiastici hanno tendenza a 'sospendere' l'uso di questi strumenti quando -caso mai- essi diventano troppo invadenti, o troppo incisivi, o troppo espansivi (come se fosse una macchina che decido di tenere ferma perché -ormai- ha prodotto troppi ogetti per il mercato ambientale).

Chi si interessa alla comunicazione ha potuto rendersi conto che questi 'strani strumenti' non si accontentano di eseguire (sospendendo la loro attività quando vogliamo stare in 'pace'), ma ci precedono spesso nella offerta di informazione, di collegamento, di espressività, di visualità o di ulteriori dati da fornire. Sono strumenti del pensare e del sognare. E chi può interrompere individualmente il ritmo del pensare e del sentire? L'interruzione salutare non accade 'così come ci pare a me'. I 'strani strumenti' sono 'strumenti del pensare e del sognare'.... Sappiamo, oggi, che la circolazione dei dati tramite il dialogo pubblico a distanza opera in modo diverso da quello che potremmo prendere per scontato. Si penserà talvolta che denunciando ed illustrando i sospetti con ampi estratti presi da fonti che vanno messe sotto torchio e diffondendo il materiale, si otterrà una adesione lineare secondo i concetti logicamente esposti. Come per il martello che puntualmente batte sul chiodo... esso finisce coll'entrare nel legno! Invece, questi strani strumenti spargono ovunque ed ognuno coglie ciò che lo colpisce, magari nel brano più disapprovato... Battendo sul chiodo, lo si e fatto uscire e non entrare nel legno: inattese sorprese degli impulsi nervosi che non 'funzionano' con la logica precisione e secondo i scontati meccanismi ben ingranati...

L'INDIRETTO È PIÙ DIRETTO DELL'IMMEDIATO

3° La comunicazione multimediale isola così fortemente gli individui tanto da creare squilibri di vulnerabilità nel più profondo della persona. La comunicazione 'a distanza', la comunicazione che salta i limiti dello spazio, o che ridistribuisce il tempo a secondo delle varie 'differite' sempre più a portata di mano, tutto ciò ci introduce in un mondo dove l'inter-personale, dove la 'prossimità' in un luogo ed in un momento viene soppiantata dalle connessioni tramite una mediazione assai complessa, nella quale scompare quel 'calore umano' per lasciare il posto a 'scambi asettici', inodori e filtrati a tanti livelli... La masse ci sembravano anche monolitiche e spersonalizzanti: eppure la comunicazione di massa scopre che le persone considerate come ricettori, utenti, ascoltatori e spettatori formano come una immensa rete composta di 'fascie ricettive' ai vari livelli dell'esperienza e della sensibilità di ognuno. Occorre diversificare tutto per rispondere all'attesa di ciascuno nella 'massa'.

La 'massa', si dice 'comunicativamente', è 'totalità organizzata'. Le fobie sono state numerose che questa 'organizzazione' non fosse altro che un 'iper-meccanismo' o un 'iper-burocratismo'. Non si potrebbe -invece- cominciare a pensare 'la massa comunicativa' come un organismo multi-personale dove le individualità che la compongono non si riducono agli individui configurati nella loro singolarità spazio-temporale, ma anche in una segmentazione di 'fascie di accesso comunicativo' che 'attraversano i singoli nella loro realtà di spazio e di tempo? E allora si devono offrire i messaggi a tutti secondo i livelli di sensibilità, maturazione, comprensione, ambito culturale, contesto professionale, impegno sociale... tutto secondo una ipotesi organizzativa della multiformità delle 'fascie comunicative' da prospettare e sviluppare, sulla base delle varissime 'audiences'.


È vero che ogni singola persona, da questa angolatura, potrebbe percorrere o farsi penetrare da 'tutte le fascie comunicative'. Ma questo nonsarebbe grave problema. Lo sarebbe piuttosto la possibilità che tutto ciò che riguarda il singolo venga travolgentemente lanciato nel dialogo pubblico senza riguardo per la sua inviolabilità. Ed ecco che si pone, in una nuova luce la questione della 'privacy'.

Con la privatizzazione riconsiderata, ecco che si riprospetta la questione della 'presenza pubblica' della Chiesa sul palcoscenico della comunicazione di massa. La mentalità 'secolarizzante' viene anche qui superata dalla richiesta, da parte del pubblico, di uno scambio anche sulle questioni 'ultime' della vita umana, su ciò di cui le Chiese sono testimoni nella loro fede e le religioni vive dell'umanità nelle loro credenze. Ritirarsi a vita privata non è più una soluzione per la presenza cristiana da riproporre in un mondo 'moderno' che non include più questo riferimento nella sua gestione sociale 'secolarizzata'. Ma, senza dubbio, se il dialogo pubblico chiederà di poter trattare di tutto, anche dei problemi di fede e di Chiese o di religioni, esso lo farà 'a modo suo', cioè secondo il ritmo e lo stile che sorge dalla partecipazione di tutti i componenti presenti a un dato dibattito, dando spazio e parola ad ognuno, anche chi la vede in modo totalmente e radicalmente diverso da noi.

André Joos

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"Chiese Cristiane e civiltà di comunicazione: quale scommessa"

 - La mutazione interculturale

 - Tutto diventa gestione, emozione, pensiero comunicativi 

 - Quali cambiamenti più profondi?

 

 

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