L'ANNUNCIO
DI GESÙ CRISTO NELL'AMAZZONIA ORIENTALE
Aspetti storici e
prospettive pastorali
Indice
Cap.
VI
CONSIDERAZIONI
ECCLESIALI PASTORALI
VI.1
La mistica dei missionari
VI.2 Catechesi sempre più presente
VI.3 Le CEBs. Mediazione di incarnazione del Vangelo
VI.4 Scuola permanente di formazione
VI.5 Scuola della Parola
VI.6 Una Chiesa che scommette su coloro che sono sconfitti
dalla globalizzazione
VI.7 La Pastorale Della Comunicazione
VI.1
La mistica dei missionari
La storia dei
primi missionari di tutti gli ordini che approdarono in quella terra è
stata marcata da tanti sacrifici e difficoltà che mostrano un certo
eroismo di veri pioneri. Però anche loro sono stati figli del loro
tempo.
Analizzando i
loro sforzi missionari a partire dalle letture di oggi scopriamo quanti errori,
alle volte molto gravi, siano stati fatti. È una realtà storica
la scomparsa di culture millenarie.
I missionari
erano giunti nel Nuovo Mondo con le categorie e i criteri occidentali impiantando
una Chiesa con il volto europeo, con vesti tipiche del vecchio continente.
Il termine "inculturazione
del Vangelo" non esisteva nel vocabolario ecclesiastico di quell'epoca.
E l'obiettivo missionario di allora non fu quello di fare una nuova evangelizzazione
a partire dalle culture autoctone.
Nonostante tutto
ciò, dobbiamo riconoscere la passione, l'ardore e il fervore che motivava
questi missionari che, nella loro attività evangelizzatrice e di testimonianza
della Buona Novella, rischiavano persecuzioni, processi, espulsioni o spargevano
addirittura il proprio sangue per causa del Regno di Dio!
Chi può
negare che sia stata la Carità di Cristo quella che li ha spinti a
consacrarsi all'evangelizzazione e a impegnarsi fino alle estreme conseguenze?
La Chiesa oggi
vive altre stagioni affrontando diversamente il mandato del Signore. L'antropologia
e la stessa esperienza missionaria ci insegnano a riconoscere in tutte le
culture delle possibili mediazioni per una nuova evangelizzazione.
In questi tempi
si parla dell'inculturazione del messaggero e nello stesso tempo del messaggio
come pressupposti del condividere, della partecipazione e della solidarietà.
I metodi per
evangelizzare sono cambiati, però la passione, l'ardore, il fervore
che devono accompagnare e motivare l'annuncio e la testimonianza sono immutabili
ed insostituibili.
Questa mistica
missionaria è quella che darà sempre più convinzione
al mandato e credibilità al messaggio e al suo messaggero.
Propongo alcune piste che potrebbero aiutare una evangelizzazione sempre più
incarnata evitando che si limiti a sorvolare le teste.
VI.2
Catechesi sempre più presente
La Catechesi
è l'educazione progressiva e sistematica della fede. Il suo obiettivo
è l'iniziazione di coloro che già hanno aderito a Gesù.
Non è solo l'insegnamento di dottrine. È educazione della fede
che deve attingere diverse dimensioni:
6.2.1 Dimensione
affettiva: attraverso l'esperienza personale di Dio e dell'amore per i fratelli;
6.2.2 Dimensione
comunitaria: attraverso la partecipazione nella comunità e in tutto
ciò che fa parte di questa realtà;
6.2.3 Dimensione
celebrativa: nella celebrazione liturgica e nella orazione;
6.2.4 Dimensione
trasformatrice: che conduce ad una dedizione sempre maggiore per una società
sempre più giusta;
6.2.5 Dimensione
biblica e dottrinale: affinché abbia capacità di motivare
la sua speranza;
6.2.6 Dimensione
del dialogo: nella pratica ecumenica, nel rispetto alle altre chiese e religioni
e nel dialogo con il mondo e la cultura.(16)
Purtroppo dobbiamo
pure ammettere che alle volte i missionari non conoscono o non seguono i documenti
del Magistero, della Chiesa.
È il caso
della testimonianza dei missionari che abbiamo rilevato sopra, dove si domandano
come migliorare la stessa catechesi, la stessa evangelizzazione e propongono
delle iniziative che sono già state formulate, per esempio, dagli stessi
vescovi nei sinodi amazzonici.
Ciò porta
a riflettere sul livelo di sintonia esistente nei fatti tra i missionari e
i loro pastori? Come mettono in pratica gli stessi documenti episcopali espressione
della Chiesa in Amazzonia?
Questa discrepanza
certamente non può dare continuità all'opera evangelizzatrice,
ma susciterà individualismo e una sfiducia nei rapporti tale da dar
impressione che vi siano tante chiese di Gesù tante quante sono i missionari.
Allora la prima
cosa che si può fare per dare una compattezza al messaggio è
lavorare per una maggior solidarietà tra i missionari e i loro pastori.
Questo è un inizio per cercare di ovviare alle possibili confusioni
che possono insorgere nei destinatari, cioè i fedeli.
Credo che alle
volte la preoccupazione dei missionari di far fronte alle strutture, che effettivamente
sono mancanti o precarie, li distolgano da un maggior impegno nel catechizzare.
È chiaro che se un missionario è più dedito ad un impegno
strutturale e amministrativo, ne rimarrà ben poco per il resto, che
tra l'altro è l'essenza della sua vocazione-missione.
Possiamo chiaramente
dire che la prima preoccupazione esula dall'impegno diretto di catechizzare
e pone in secondo ordine il suo vero mandato. Le conseguenze dirette sono
le possibili improvvisazioni catechetiche e le relative ricadute.
____________
(16 ) COM
ADULTOS,
CATEQUESE ADULTA - 2a semana brasileira de catequese, Dimensão bíblico-catequética
- CNBB (cap. Quinto)
VI.3.
Le CEBs. Mediazione di incarnazione del Vangelo
Le CEBs (Comunità
Ecclesiali di Base) sono nate sotto l'influsso del Concilio Vaticano II, a
seguito dell'incontro Latino Americano di Medellin e poi confermate con Puebla
e Santo Domingo. La loro istituzione ha determinato un processo di comunione
e partecipazione soprattutto popolare.
Riteniamo che
questa sia una valida istanza ecclesiale per poter aiutare a riscattare la
memoria storica del popolo amazzonico e vivere l'incontro con Gesù
Cristo nella sua integralità e coerenza di azione e riflessione.
Infatti in tutta la storia il più grande servizio dato dalla Chiesa
è stato il servizio missionario. (Lc. 10, 1-2)
La Chiesa ha
avuto la grande preoccupazione di eseguire il mandato di Cristo. Le CEBs assumono
questo mandato integralmente. Non solo la pratica di battezzare, ma pure e
specialmente "fare affinché tutti siano veri discepoli".
Le CEBs organizzano
e animano corsi, serate di riflessione, settimane catechetiche, celebrazioni
molto vive e dinamiche, l'impegno nella società, la condivisione comunitaria
nel conoscere primo ciò che Cristo ha insegnato e dopo, ancor più
importante, la coerenza con i suoi insegnamenti.
Le CEBs sono
le chiese nelle basi, ed ogni CEBs, nel suo complesso, possiede il potenziale
di diffondersi, di andare verso tutte le nazioni, di insegnare, di testimoniare
e di battezzare affinché possa avere sempre più discepoli nel
vero senso della parola. In questo senso missionario, le CEBs raggiungono
le masse.
Ed inoltre le CEBs aiutano la gente amazzonica a sentirsi più protagonista
della sua storia e non delle persone che al massimo possono diventare esperte
di passività.
VI.4.
Scuola permanente di formazione
Uno dei pericoli
che gli evangelizzatori possono incontrare nella loro attività nell'Amazzonia
odierna è il non rendersi conto che possano essere distanti dalla gente.
I responsabili
della Chiesa, siano essi vescovi, sacerdoti o religiosi, pensano che o bene
o male qualcosa, nella peggior delle ipotesi, si stia facendo nel campo dell'evangelizzazione.
Si pensa di conoscere
realmente la gente, la loro vita e le loro ansietà.. Lo scarso numero
di sacerdoti e religiosi aumenta la problematica di una presenza della Chiesa
più prossima al popolo e alla sua realtà. Non solo, anche una
presenza superficiale, e alle volte improvvisata, rende ancor più complicata
la stessa azione della Chiesa.
Per esempio quante
volte nelle visite alle parrocchie ho potuto constatare delle catechiste di
minore età; i casi se vogliamo dire più clamorosi rilevati sono
stati quelli di una catechista di 12 anni e di altri suoi colleghi che non
credevano nella resurrezione di Gesù.
A partire da
questi elementi possiamo facilmente capire come l'evangelizzazione non possa
avvenire e si riduca, molte volte, ad un'azione burocratica di pratica sacramentale.
Allora, ci si chiede, come si può fare una seria evangelizzazione?
Si può pretendere dai destinatari amazzonici una riflessione matura
e impegnata per un cammino di fede?
La problematica
di matrice storica non toglie le responsabilità attuali. Non è
sufficiente puntare il dito solamente contro il passato, o il presente identificato
nel processo della globalizzazione, bisogna mettere a fuoco quale impegno
e serietà professionale dedichiamo all'evangelizzazione. Non credo
che con dei brevi corsi di fine settimana o di qualche giorno si possa creare
un serio cammino missionario.
Credo che gli
Istituti di formazione teologico-pastorale che già esistono debbano
essere meglio impiegati. Purtroppo la sfiducia ideologica ne compromette l'attuazione.
E questo pregiudica
un pò tutto. Credo che le Chiese in Amazzonia non se ne rendano conto,
forse perché non riescono ad avere una lettura obiettiva della stessa
realtà. Ma il cammino da percorrere è di una formazione permanente
che va dagli Istituti che già ci sono a scuole parrocchiali e comunitarie.
Questo tipo di azione può facilitare a riscattare una memoria un pò
lacerata e in parte perduta.
VI.5.
Scuola della Parola
Aiutare questi
destinatari amazzonici a favorire una maggior consapevolezza della loro dignità
umana e fondatezza della fede credo che avvenga pure con un maggior approccio
alla Parola di Dio e conseguentemente a uno studio sistematico mirato ad essa,
affinché possa far ben sperare in un presente-futuro migliore.
Il nostro tempo,
infatti, è contrassegnato da quel doloroso fenomeno definito come "eclissi
del sacro" nel quale il valore religioso viene spesso considerato un'anomalia
per un contesto in cui si affermano soprattutto i valori dell'immanenza.
Adulti, giovani
e adolescenti sono progressivamente assorbiti da un'aggressiva comunicazione
multimediale e vivono prevalentemente in un quadro tagliato dalla trascendenza,
la sola capace di dare pienezza di senso alla realizzazione della condizione
umana.
Gli orientamenti
predominanti della società attuale si vanno sempre più richiamando
a quelle tre idee forze segnalate da san Giovanni come determinanti la vita
del mondo: l'idea forza del piacere, l'idea forza dell'ambizione e l'idea
forza del guadagno.
Di conseguenza
nella nostra società sempre più delimitata da un'escatologia
puramente terrena quello che conta appartiene al quantitativo, al visibile
e al palpabile.
Lo stesso invito
del Papa, Giovanni Paolo II, nella lettera apostolica intitolata Novo millenio
Ineunte, ci invita a guardare in avanti, Duc in altum, Prendi il largo, e
di fidarsi della Parola di Gesù come Pietro ci ha testimoniato (Lc.5,4;
NMI,nn 1;15;56 ).
Ma questa familiarità
alla Parola di Dio la possiamo creare se stiamo vicini a Lei, come i discepoli
ci hanno dimostrato. Il partecipare costantemente alla lettura, studio e riflessione
della Parola non favorirebbe una maggior fiducia in essa? Fidarsi di questa
Parola, però, non significa fare ad ogni costo una qualsiasi lettura,
in quanto richiede competenza e serietà per poter dare robustezza al
proprio credo.
Una delle minacce per la Chiesa in Amazzonia è, alle volte, anche il
non dare una certa base scientifica e obiettiva alla propria riflessione.
Un maggior studio
della Parola consentirebbe, quindi, oltre ad una maggior diffusione della
stessa, di ovviare a certe interpretazioni scientifiche troppo soggettive
e superficiali. L'inchiesta ci ha messo in guardia da tutto questo.
Inoltre lo studio
della Parola potrebbe essere un momento importante per indurre i suoi fruitori
alla dimensione contemplativa della vita. È proprio qui la nota dolente
per la maggior parte della nostra gente: l'essere troppo dispersivi e chiassosi.
Contrapporre
una tale dimensione aiuterebbe a promuoverli e ad avere una maggior consapevolezza
di se stessi, evitando quel fiume di parole su Dio. E perché non ricominciare
proprio dalla Parola per pianificare tutta la Pastorale amazzonica?
Pablo
Richard,
sacerdote diocesano del Cile, propone "Perché non potremmo
prendere direttamente come credo della nostra fede e come strumento dell'evangelizzazione
gli stessi vangeli, ed anche tutto il Nuovo Testamento? I quattro vangeli
costituiscono il centro di tutta la Bibbia, il canone nel canone, il luogo
privilegiato di incontro con il Gesù della storia e con il "movimento
di Gesù" dopo la sua risurrezione".(17)
Credo che sia
opportuno fare una programmazione pastorale e un'evangelizzazione che possano
attingere quotidianamente dall'ascolto della Parola del Signore.
____________
(17) PABLO
RICHARD,
I diversi volti di Gesù nei vangeli sinottici, Concilium, rivista internazionale
di teologia, 1/2002, Queriniana, p. 57
VI.6.
Una Chiesa che scommette su coloro che sono sconfitti dalla globalizzazione.
Chi sono questi
sconfitti?
Sono i senza
terra, i popoli indigeni, coloro che non hanno una casa per abitare, gli emigranti
che non hanno una famiglia, i disoccupati, i sottopagati, i ragazzi di strada
e tutti coloro che stanno ai margini della società. Anche
quelli che abbiamo intervistato.
Sembra che questo
mondo globalizzato erga, ogni volta di più, i muri di divisione tra
ricchi e poveri, tra vincitori e vinti, e così aumenti inesorabilmente
il numero di persone del piccolo pianeta terra con minori speranze. In
Amazzonia,
regione ricca, le file dei poveri aumentano sempre più, il numero di
disperati cresce.
La Chiesa non
può tapparsi gli occhi e le orecchie e il loro grido deve diventare
il suo. Ecco, allora, che a partire dall'istanza profetica cerca di denunciare
le ingiustizie e difenderli ovunque, proponendo nuove speranze di vita. La
Chiesa deve diventare la loro speranza, il loro punto di riferimento in cui
possano riporre fiducia. Tutto questo non può ridursi a semplici interventi,
tutta la sua azione pastorale deve essere profetica, coraggiosa nel testimoniare
le sue scelte.
La globalizzazione
sfida la missione della Chiesa, in quanto esclude sempre più persone,
aumenta la violenza e i disperati, priva del suo valore la vita degli innocenti
e dei pacifici. E l'universalità della missione è l'unica alternativa
a questa globalizzazione che genera marginalizzati.
La missione della
Chiesa è universale perché non esclude nessuno, e non vuole
creare meccanismi che possano marginalizzare come accade nell'ambito del processo
globalizzante neoliberale. La Chiesa vive nel mondo, però non è
del mondo.
La famosa lettera
a Diogneto, scritta forse all'inizio del terzo secolo da un autore sconosciuto,
ci aiuta a riflettere sul senso e sull'identità della vita dei cristiani
nel mondo.(18)
È in questa
chiave profetica che la Chiesa ci aiuta a scoprire il Gesù protagonista
della storia. Camminare con Gesù è proseguire con lo Spirito
Santo, che conduce la Missione.
È in questo
cammino che si può identificare Gesù il Cristo. È in
questo cammino missionario che si scopre Gesù Cristo sempre nuovo.
È un cammino spoglio di ogni ambizione di orgoglio e potere, ma ricco
di umiltà, semplicità e disponibilità totale. Il cammino
del popolo di Dio segue Gesù il Cristo, che è pure il cercare
di avvicinarsi costantemente allo sconosciuto, all'altro, al povero, agli
ultimi e a coloro che soffrono. L'attuazione di tale avvicinamento genera
nella Chiesa uno "stato di grazia".
In questo senso è una Chiesa pellegrina e per cui è una Chiesa
povera.
Camminare incontro
a Gesù resuscitato è uscire dalla città dove è
stato crocifisso. Chi cammina non può portare molte cose e non ha bisogno
di "borsa, di bisacce" (Lc. 10, 4). In questa caratterizzazione
missionaria si delinea una rottura. "Nessuno cuce una toppa di panno
grezzo su un vestito vecchio..." (Mc. 2, 21), così non si
cambia il corso della storia.
La Missione della
Chiesa trasforma il mondo delle esclusioni. Non solo, muta pure la stessa
Chiesa in una "Chiesa autenticamente povera, missionaria e pasquale,
svincolata del potere temporale e validamente coinvolta con la liberazione
di tutto l'uomo e di tutti gli uomini" (Documento di Medellin: 4,
Educacion).
A partire da queste istanze si può creare una valida evangelizzazione
dove l'amazzonico possa incontrare Gesù il Cristo e riconoscerLo come
Egli è realmente.
___________
(18) E.
BONAIUTI,
Lettera a Diogneto. Testo, traduzione, note (Scrittori cristiani antichi 1),
Roma 1921:
" Vedo, o eccellentissimo Diogneto, che sei molto avido di conoscere
la religione dei cristiani (...) in quale Dio ripongono la loro fiducia, a
come , tributando a lui il loro culto, tutti tengano a vile il mondo, disprezzino
la morte, non stimino divinità quelle a cui credono gli elleni, e neppure
rispettino la superstizione dei giudei (... ) I cristiani non sono distinti
dagli altri uomini, né per territorio, né per lingua né
per modi di vivere. Essi infatti non abitano città loro proprie, non
usano un linguaggio particolare, né conducono uno speciale genere di
vita. La loro dottrina non è conquista di genio irrequieto d'uomini
industriosi; né professano, come fanno alcuni, un sistema filosofico
umano. Abitando in città greche o barbare, come è toccato in
sorte, ed adattandosi agli usi del paese nel vestito, nel cibo e in tutto
il resto del vivere, danno esempio di una loro forma di vita sociale meravigliosa,
e che a confessione di tutti, ha dell'incredibile. Abitano la loro rispettiva
patria, ma come gente straniera; partecipano di tutti gli oneri come cittadini
e sopportano tutto come stranieri. Ogni terra straniera è patria per
loro, e ogni patria è terra straniera.(... ) Dimorano sulla terra,
ma sono cittadini del cielo. Vivono nella carne, ma non secondo la carne.
(... ) Per dirla in una parola, i cristiani sono nel mondo ciò che
l'anima è nel corpo. L'anima si è diffusa in tutte le parti
del corpo: anche i cristiani (sono disseminati) nelle città del mondo.
(... ) L'anima è racchiusa nel corpo, ma essa stessa sostiene il corpo:
anche i cristiani sono trattenuti nel mondo come in una prigione, ma essi
sostengono il mondo. (... )
VI.7.
La Pastorale Della Comunicazione
La PASCOM (Pastorale
della Comunicazione Sociale) ha come obiettivo la creazione di una mentalità
comunicativa nella Chiesa.
Non si preoccupa
di fare una pastorale dei mezzi di comunicazione (senza perciò cadere
nella tentazione di aumentare i mass-media nell'illusione di potenziare la
comunicazione), ma di andare ben oltre e di preoccuparsi del processo comunicativo
come un tutto.
E allora ci
si chiede se le nostre attività o partecipazioni ecclesiali siano propriamente
comunicative, cioè se si stia veramente comunicando o, semplicemente,
si stiano emettendo suoni e parole? Anche questa è una proposta pastorale
per poter render più incarnata l'evangelizzazione.
Senza una vera
e buona comunicazione diventa difficile il compito dell'annuncio. Anzi non
c'è evangelizzazione, a mio parere, dove non c'è comunicazione.
Uno degli ambiti
di attività della PASCOM è quello di accrescere nelle persone
la capacità critica nel recepire i messaggi veicolati attraverso i
grandi mezzi di comunicazione e, tra questi, soprattutto il mondo televisivo.
Da un punto di vista metodologico, si ricorre a corsi teorici-pratici.
La PASCOM ha
anche l'obiettivo di conciliare nella vita pastorale i linguaggi emotivi con
quelli razionali. Ciò dimostra come l'attenzione al metodo consenta
di ovviare alle problematiche comunicative stimolando la partecipazione e
la creatività nel far passare i messaggi.
CONCLUSIONI
Il grande pericolo,
credo che sia quello di ridurre Gesù Cristo ad un solo volto. Ci si
chiede come mai si sia arrivati ad un pensiero così stereotipato di
Gesù. Lo studio che ho proposto è un tentativo di capire il
perché.. Non so se sono stato capace o meno di contribuire a dare una
risposta, però ho una certezza che mi martella da tempo: l'evangelizzazione
è talmente importante che si deve affrontare sotto ogni punto di vista
con una serietà, professionalità e con un cammino di fede non
indifferente. Questo significa che non è sufficiente avere un titolo
di missionari o di religiosi attraverso un mandato consacrato, per garantire
una valida evangelizzazione, ma bisogna pure fare una dovuta e prolungata
preparazione specifica. Credo, sintetizzando il tutto, che questa preparazione
abbia innanzitutto la preoccupazione di aiutare l'inviato a saper portare
la Parola di Dio, che non è di sua proprietà, rimanendole fedele
e, soprattutto, a saper ascoltare i suoi destinatari. La fedeltà alla
Parola e il saper ascoltare costituiscono la base per fare un vero incontro
con gli altri e le loro culture. Vedo, poi, in queste proposte ecclesial-pastorali
delle valide piste per un cammino di fede in quel contesto specifico che è
l'Amazzonia orientale. Per cui non mi sono soffermato solo ad analizzare il
problema e i suoi perché, ma ho ritenuto opportuno proporre degli spunti
che possano promuovere una soluzione del problema stesso. È evidente
che la conoscenza di Gesù si fa nell'esperienza dell'incontro, maturato,
in particolare, da una maggior conoscenza della Parola di Dio e dei documenti
della Chiesa e soprattutto una profonda solidarietà tra gli stessi
evangelizzatori. In questo contesto, conoscendo la realtà, si mettono
a fuoco una maggior riflessione e lo studio necessari ad equilibrare i facili
entusiasmi nella ricezione del messaggio evangelico. Sapendo, quindi, dare
un giusto contrappeso alla positività tipica della gente amazzonica
con una maggiore riflessione, possiamo sperare in una maggiore stabilità
e profondità nel credo dei cattolici del 'mondo verde'.
Questo studio si prefigge pertanto sia di denunciare una realtà, che
nella maggior parte dei casi rimane un pò ignota agli stessi responsabili
dell'evangelizzazione, sia di incoraggiare a seguire il cammino del Vangelo,
che è sempre nuovo e porta con sé costantemente delle novità.
La storia ci ha insegnato e ci insegna sempre molte cose e noi ne prendiamo
atto. Illuminandola con la voce dello Spirito possiamo sperare che l'incontro
con Lui, il Cristo, sia sempre possibile, senza nessuna esclusione.
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