L'INFLUSSO
DEI MASS-MEDIA E IL LORO CORRETTO USO, UNITAMENTE AI
MEZZI INFORMATICI, NELLA FORMAZIONE PERMANENTE DEI
PRESBITERI
-
I
mass-media producono nuovi linguaggi e cultura.
-
Come
si rapportano nella nostra vita personale e
pastorale
-
Qual'è
la nostra conoscenza
-
La
nostra risposta come testimonianza per un'efficace
evangelizzazione con i mass-media
-
"Orazione
del comunicatore"
-
Letture
suggerite
Il
mondo della comunicazione in relazione alla formazione
permanente dei presbiteri ha molteplici aspetti,
vantaggi, problematiche e ricadute, sia positive che
negative.
Qui
di seguito riporto alcuni spunti sull'odierno mondo
della comunicazione in relazione alla formazione
permanente dei presbiteri. È evidente che queste
riflessioni non possono esaurire la così grande e
difficile questione della comunicazione mass-mediale in
questo senso, però pretendono stimolare un giusto
approccio per un più vivo interesse di tutti noi.
1)
I mass-media producono nuovi linguaggi e cultura.
1a)
Esplosione tecnologica e sue conseguenze.
1b)
Condizionamenti psicosomatici
1c)
La nuova cultura
1a)
Esplosione tecnologica e sue conseguenze.
Paolo
VI nell'istruzione pastorale "Communio et
progressio" (n° 1), afferma: "La comunione e
il progresso della società umana sono i fini primari
della comunicazione sociale e dei suoi strumenti come la
stampa, il cinema, la radio, la televisione. Di fatto il
loro continuo perfezionamento ne estende e ne agevola
l'uso a pubblici sempre più vasti ed ai singoli
individui, e la loro profonda penetrazione influisce
sempre più sulla mentalità e sul comportamento di
tutti gli uomini". Questa istruzione evidenzia come
i mass-media non siano dei semplici strumenti utili a
far giungere, con gradazioni diverse, le voci o i
messaggi nei luoghi più distanti, ma giochino un ruolo
importantissimo e direi determinante sulla mentalità e
il comportamento dell'umanità.
Mai come oggi ci rendiamo conto della forza che
possiedono i mass-media nell'influire sulla vita
dell'essere umano.
I fatti anche sconvolgenti sono oramai parte integrante
della nostra vita. Partecipiamo in diretta a eventi che
mai avremmo potuto condividere senza essere fisicamente
presenti. Pur a distanza, siamo presenti un po' ovunque
e alle volte disponendo di dettagli maggiori rispetto
alle persone effettivamente sul posto.
La lontananza diventa dunque sempre più presenza e ci
coinvolge tanto da comportare mutamenti alla nostra
vita.
Nel
secolo scorso l'introduzione di nuove tecnologie -
sfociate prima nella telematica e poi nella
"ragnatela" (in inglese: web) mondiale di
comunicazione conosciuta col nome di
"Internet" - ha marcato ancor di più la vita
dell'essere umano. Martin Heidegger parlava della
tecnologia che influenza il "Dasein"
(l'esistere) nella sua relazione con se stesso e il
mondo. Diceva che questa è organizzata per soddisfare i
desideri dei soggetti autonomi e stabili. La tecnologia
è vista non come un semplice strumento, ma bensì come
un modo di rivelare il tutto. La risposta positiva di
Heidegger alla tecnologia parte dalla considerazione che
se uno è capace di programmarsi sulla base della
flessibilità tecnologica, si sente fortunato in quanto
è aperto alle molteplici possibilità del divenire. Con
il suo aiuto gli uomini possono esaltarsi e mettersi
nella posizione di 'signore' della Terra.
Il filosofo tedesco però rileva d'altro lato che la
tecnologia può costituire una minaccia allo stesso
essere se lo strumento asssume un ruolo sostitutivo alla
persona. Ontologicamente minaccia l'oggettività e la
soggettività dell'essere umano.
La tecnologia oggi promuove una dinamica di informazioni
e conoscenze sempre maggiori riducendo però l'azione
dell'essere umano ad uno spazio sempre più ristretto.
È un processo che determina una sempre maggiore
dipendenza dagli strumenti tecnologici e chi non si
adegua è tagliato fuori dal contesto sia locale che
mondiale. Per molte società, ad esempio, oggi la
persona è importante se appare nei mass-media.
I concetti di tempo e spazio sono cambiati, in qualche
modo tradotti in simultaneità e partecipazione. In
questo senso favoriscono una certa loquacità
nell'essere umano ma priva talvolta di consapevolezza.
1b)
Condizionamenti psicosomatici
Tutta
la tecnologia si serve dei flussi di luce per mediare i
suoi messaggi, i quali condizionano in maniera non
indifferente il corpo umano. Le conseguenze a livello
psicosomatico e cardiovascolare sono quelle che più ne
risentono. Le immagini decodificate in inquadrature
hanno a loro volta significato secondo il taglio dato
loro.
Ad
esempio, come siamo abituati a 'vedere' durante una
giornata qualunque?
È assai difficile concentrare più di certo tempo la
nostra vista su di un particolare o un dettaglio così
come soffermarci su primi e medi piani.
Optiamo generalmente per la visione d'insieme, a meno
che non vogliamo concentrarci durante momenti importanti
della nostra azione quotidiana.
Invece
che cosa succede quando noi ci mettiamo di fronte agli
audiovisivi (TV, Computer e immagini in generale)?
Rimaniamo per lungo tempo focalizzati su particolari
dimenticando l'insieme dell'immagine e il suo contesto.
E questo stato lo moltiplichiamo nelle tante giornate
che compongono il mese e poi l'anno e via discorrendo.
La nostra visione si riduce ad una sola interpretazione,
che è quella emotivo-sentimentale.
Operiamo
in un certo senso una forzatura della natura riducendola
ad un piano puramente 'sentimentaloide' dimenticandoci
di tutti i suoi contesti come normalmente vissuti.
Finiamo col negare la realtà stessa come ci viene
proposto, alla fin fine, proprio dai mass-media.
L'essere umano è sì sentimento ma non solo. È anche
ragione. C'è il pericolo di creare un essere
umano-marionetta. Vogliamo ricordare il famoso autore,
Collodi, che ha fatto di un burattino, Pinocchio, un
vero 'piccolo d'uomo'. Oggi si va all'inverso, facendo
delle persone umane dei robot che ricevono degli ordini,
degli impulsi, per poter agire. Quindi possiamo essere
riconducibili ad un volere che certamente non è più il
proprio. E tutto questo nell'illusione di agire nella
massima libertà.
1c)
La nuova cultura
Questa
nuova tecnologia ha ridotto i tempi e gli spazi così da
far nascere un essere umano bombardato da tante notizie
e conoscenze neppure immaginabili fino a poco tempo fa.
La tendenza a non ascoltare, in genere legata alla
scarsa formazione individuale, viene esaltata
amplificando reazioni del tipo "adesso non siamo più
ignoranti perché attraverso la televisione sappiamo
tutto".
Ciò che spesso non sanno è che il sapere di oggi è
fortemente mediato, da poche persone, i cosiddetti
"potenti" o "gatekeeper" (custodi
del cancello informativo), che decidono ciò che a loro
interessa far sapere agli altri. La stessa
globalizzazione ci conferma che possiamo condividere con
lingue differenti, culture differenti, etnie
differenti... molte maniere di pensare e agire. Non a
caso gli stessi prodotti possono essere acquistati nei
posti più remoti della foresta Amazzonica , a Roma, a
Pechino e in qualsiasi città dell'Africa.
Il prodotto è un segno, un veicolo col quale si
trasmettono dei significati e pertanto non è mai
spoglio di ideologia. Ma questo tipo di ideologia che
influenza ha nell'essere umano?
Il nuovo modo di pensare e di agire tende naturalmente a
sovrapporsi a quello del passato mentre, invece, la
capacità di saper discernere tra una cultura e l'altra
è determinante per garantire una pacifica convivenza.
L'intensificarsi di notizie "apparenti" (perché
alcune fanno notizia e altre no), con molti mezzi (ci
sono evidenti distorsioni fra i media e la società) per
lo più disponibili a tutti, alimenta un essere umano
sempre più aperto e insicuro. Un essere che relativizza
un po' tutto (aperto) e assolutizza il suo
"io" (insicuro). Di conseguenza ciò che conta
è la sua esperienza e diminuisce il rispetto per gli
ordinamenti e le strutture comunitarie, istituzioni
incluse.
Il suo modo di comunicare è una logica non lineare
piena di slogan e frasi spezzate. Noi lo definiremo
"un linguaggio audiovisivo". La logica di
Internet, che è prettamente matematica, si ripercuote
soprattutto fra i giovani e anche tra i bambini. La
capacità immaginativa delle nuove leve è fra l'altro
tanto forte da creare spaccature con le generazioni
precedenti. Ciò crea un cosidetto analfabetismo di
ritorno, a cui si deve porre rimedio acquisendo e
facendo propri i codici e gli strumenti nuovi del
comunicare.
Circa
l'informazione, ho potuto analizzare in questi ultimi
anni, con i miei alunni, i telegiornali più
rappresentativi d'Italia e Brasile, ed abbiamo
constatato il provincialismo delle notizie - che sono
sempre più scarse - a vantaggio di pochi argomenti e
personaggi legati alla politica, allo sport o alla
musica. Il mondo dei poveri fa notizia solo nella
drammaticità mentre la Chiesa è in proporzione quasi
assente; a salvare la situazione è soprattutto la
figura del Papa.
2)
Come si rapportano nella nostra vita personale e
pastorale
2a)
Quali le conseguenze nella pastorale
2b)
Quali conseguenze nella vita personale
2a)
Quali le conseguenze nella pastorale
Prendendo
spunto dalla mia testimonianza missionaria in Brasile,
come responsabile del settore di comunicazione della
Conferenza Episcopale del Brasile Regione Nord 2,
presento un modello di pastorale in grado di comunicare
anche oggi.
La Chiesa in Brasile è sempre più consapevole
dell'importanza del valore della comunicazione
nell'evangelizzazione e la Pastorale della Comunicazione
(PASCOM) è proprio una delle priorità per una
strategia di pastorale a tutto campo. A questo
proposito, c`é da sottolineare che tutte le iniziative
intraprese sono testimonianza dell'urgenza di una
comunicazione effettiva delle Chiese locali. A partire
dalla Campagna della Fraternità (C.F.) del 1989, la
comunicazione ha avuto uno slancio decisivo nella vita
della Chiesa in Brasile sebbene all'inizio ci sia stata
una certa tendenza a credere che i mass-media fossero la
comunicazione. Da questa analisi in poi la specifica
azione pastorale si è tradotta in investimenti nei
grandi mezzi di comunicazione e nella ricerca di risorse
finanziarie. Tale approccio ha creato delle regioni più
a vantaggio e altre più a rischio. Il meridione
brasiliano, che rappresenta la parte più ricca, può
fare dei veri e propri salti qualitativi nella
tecnologia della comunicazione rispetto al Nord e al
Nord-Est che presenta una situazione più difficoltosa.
Ma quale fenomeno avviene in seno alla pastorale?
La
Chiesa nel Sud del Paese, cioè la più ricca, dovrebbe
favorire l'azione evangelizzatrice perché avendo un
maggior numero di mezzi a disposizione e più potere
acquisitivo,potrebbe mostrare una dinamica
evangelizzatrice potenziata e, di conseguenza,
un'incisività superiore nell'apostolato, ampliando così
la rispondenza dei fedeli in termini quantitativi e
qualitativi. Invece succede esattamente il contrario:
maggiori sono i mezzi, più la sfida per combattere l'
'assenteismo' dei fedeli diventa accanita, e questo è
un fenomeno che concorre e accomuna le Chiese delle
regioni ricche della Terra
Si ripete il fenomeno dei Paesi ricchi e poveri: i
primi, avvantaggiati, dovrebbero comunicare di più e
invece succede esattamente l'opposto.
La gente diventa disobbediente e segue altri cammini.
Ecco allora le fiammate dal "pulpito" per
tentare di frenare l'abbandono delle chiese da parte dei
fedeli. La mancanza di risultati è in agguato quando si
concentrano gli sforzi negli strumenti senza tener conto
dell'intero processo di comunicazione, cosicchè la
Pascom viene vista come una "altra" pastorale,
indipendente dalle altre, in grado di sussistere da sola
e di avere un destino a sé stante. Chi si incammina in
questa direzione non può evitare la delusione provocata
dal fallimento di un'azione evangelizzatrice.
Eppure
tale approccio non tiene conto né tanto meno attua lo
stesso Concilio Vaticano II, non solo sotto il profilo
dei documenti ma anche per quanto riguarda lo spirito di
comunione che ha dominato l'evento. Il sapere
condividere con gli altri ciò che siamo e che facciamo
è tipico di coloro che non pensano solamente a sé ma
che stando insieme agli altri fanno l'esperienza della
gratuità e della gioia. Secondo me, chi investe nella
comunicazione solo ed esclusivamente in termini di
strumentazione ha generalmente una forte tendenza
individualistica e sotto alcuni aspetti restrittiva.Queste
premesse, che hanno come tessuto di fondo non vi è più
il Vangelo ma bensì i grandi impresari dei mass-media,
rendono assai difficoltosa la comunione e la
condivisione e, alla resa dei conti, danneggiano il
processo ecclesiale.
La
struttura organizzativa di una comunicazione concentrata
nei soli mezzi di comunicazione porta a chiudersi
rispetto alla possibile partecipazione delle basi
ecclesiali e può far perdere di vista l'azione globale
capace di promuovere scoperte sempre nuove, animate e
incoraggiate dallo stesso Spirito Santo. Può dunque
impedire di fare una vera esperienza di Chiesa dove
ognuno condivide ciò che ha capito e realizzato,
sistema che consente presenza e dinamismo nell'azione
Evangelizzatrice.
2b)
Quali conseguenze nella vita personale
Se
da un lato c'è un ottimismo nello sperimentare le nuove
scoperte tecnologiche, dall'altro c'è il mettere in
discussione lo stesso sapere acquisito. Generalmente c'è
uno scollamento tra ciò che facciamo e ciò che
professiamo.
Credo
che questa incoerenza aggravi le eventuali insicurezze
in termini di identità. Così si spiegano anche certe
insoddisfazioni nelle nostre scelte di vita e nella
nostra stessa vocazione. L'essere umano viene, in un
certo senso, frantumato, destabilizzato, dà sempre più
spazio alla sperimentazione delle sensazioni forti e
rielabora la razionalità a partire dalla stessa
emotività. La felicità consiste nel fare ciò che mi
sento di fare.
È l'immagine che fa la parte del leone e, pertanto, chi
è abituato a comunicare solo con la parola e
soprattutto ha una formazione concentrata nella logica
dello scrivere, si trova a disagio nell'amministrare i
nuovi linguaggi. Ne deriva una sempre maggiore difficoltà
nel rapportarsi all'interlocutore se non addirittura la
mancanza di comprensione nei suoi confronti.
Da tali frustrazioni scaturisce una certa
insoddisfazione nella nostra azione evangelizzatrice
che, in alcuni casi, arriva persino a mettere in
discussione la vocazione stessa. La non comunicazione,
io direi, può essere fatale per la vocazione perché si
ha la sensazione di essere privati del respiro,di
sentirsi senza vita.
I nostri destinatari, in particolare i più giovani, si
sono invece perfettamente adeguati ai nuovi linguaggi o
per lo meno ci convivono e ciò comporta un aumento
della separazione tra coloro che evangelizzano e gli
evangelizzati. Possiamo quindi constatare che il
problema sta non tanto nel contenuto ma, nella quasi
totalità dei casi, nel modo in cui viene trasmesso.
Le reazioni di pessimismo che molti sacerdoti possono
avere in merito ai nuovi linguaggi non devono sfociare
in posizioni radicali di ostracismo, in quanto
atteggiamenti che certamente non favoriscono il dialogo
con le nuove realtà e riducono sempre di più i loro
interlocutori. D'altro lato, il prendere l'avvento dei
nuovi linguaggi come oro colato è una pretesa benevola
ma un po' forzosa. Credo che entrambi gli approcci
possano portare a deviare da una corretta lettura della
realtà e quindi non aiutare una sana ed animata
evangelizzazione.
3)
Qual'è la nostra conoscenza
3a)
I documenti della Chiesa
3b)
La nostra formazione
3a)
I documenti della Chiesa
"La
Chiesa considera i mass-media come doni di Dio perché
uniscono fraternamente tutti gli uomini e così questi
possono collaborare con la volontà salvatrice del
Signore. Così come lo Spirito ha aiutato gli antichi
profeti a decifrare il disegno di Dio attraverso i segni
del loro tempo, la Chiesa ci aiuta oggi ad interpretare
i segni del nostro tempo, e a compiere la nostra
missione profetica che porta con se lo studio, la
valutazione e il retto uso delle tecnologie e dei
mass-media, che sono diventati fondamentali".(Aetatis
Novae 22 del 22/02/1992)
Esistono diversi documenti magisteriali sui mass-media e
più in generale sulle comunicazioni sociali. Osserviamo
in questi documenti un progressivo rendersi conto della
loro importanza nell'evoluzione del mondo e nel campo
ecclesiale. Cominciando con la constatazione di una
presenza sempre più marcata dei "mezzi" di
comunicazione nel mondo, si passa attraverso
l'interrogativo del come affrontarli, fino ad arrivare a
suggerire iniziative sul come preparare gli utenti per
un loro retto uso. Man mano che passano gli anni cresce
la consapevolezza che la comunicazione non si riduce ai
soli strumenti, ma si configura ad un processo ben più
ampio. (Il dato emerge anche nella progressione
cronologica di tali documenti). Ecco, per esempio,
emergere l'importanza di una liturgia che sia più
comunicativa così come la predicazione, poi la necessità
di saper gestire il linguaggio gestuale in concomitanza
con quello verbale. In questi documenti del magistero vi
è un continuo appello a vescovi, sacerdoti, religiosi e
laici perché collaborino con questo mondo della
comunicazione e preparino gente disposta a lavorare in
questi mass-media con una seria formazione 'permanente'.
Non si può rimanere estranei o neutri ad una realtà
come questa. Nella formazione dei candidati al
sacerdozio viene richiesta un'adeguata preparazione al
fenomeno comunicativo (Orientamenti per la formazione
dei futuri sacerdoti circa gli strumenti della
comunicazione sociale in 19/03/1986). Si rileva, tra
l'altro, la necessità che le materie specifiche sulla
comunicazione sociale facciano parte del curriculum
formativo filosofico-teologico. I nuovi sacerdoti devono
essere preparati ad essere dei buoni recettori affinché,
nel futuro esercizio pastorale, sappiano educare la
gente a un retto uso degli stessi e, al contempo,
possano farne un valido ausilio dell'apostolato. La
preparazione deve essere teorica e pratica. Inoltre c'è
un invito esplicito ai sacerdoti e ai religiosi che già
si trovano inseriti nel mondo dei media, affinché si
specializzino così da poter essere utili non solo
all'opera diretta ma pure all'insegnamento delle
discipline mass-mediatiche e nella cooperazione o nella
direzione degli uffici diocesani o nazionali.
3b)
La nostra formazione
Una
formazione permanente dovrebbe aiutarci a capire e
vedere con i giusti occhi la realtà in cui ci muoviamo
senza lasciarci cadere in facili ingenuità. Un
possibile paragone può essere la persona che, perso
qualche grado di vista, deve ricorrere agli occhiali.
Con il loro uso incomincia a rivedere normalmente e a
riprendere con coraggio la sua quotidianità. Lo studio
della comunicazione, paragonabile all'utilizzo degli
occhiali, deve aiutarci a capire la realtà, i vari
punti di vista presentati, per poi riuscire meglio ad
evangelizzare. Quindi saper approfondire sempre più le
cose, conoscere meglio l'essere umano e tutta la sua
complessità. E, a partire dal processo comunicativo,
cercare di interrogarsi sul come si sviluppa la propria
azione comunicativa. Imparare che il messaggio non
dipende solo da noi, che dobbiamo sapere chi sono i
nostri recettori, quali sono le situazioni in cui si
trovano, i loro contesti e come ci stiamo preparando a
far passare i messaggi. I mezzi che utilizziamo sono i
più adeguati per certi messaggi o no? Come formuliamo
gli obiettivi e con quali prospettive?
Senza questo tipo di preanalisi si corre il rischio di
non riuscire a prepararsi come si deve per comunicare
come i "tempi" lo esigono. Abbiamo bisogno di
approfondire i nuovi codici linguistici. Il fatto è che
il prete deve essere un eccellente comunicatore. Un
prete che sa comunicare riesce a comprendere meglio la
sua missione e si realizza di più come
"professionista"della Chiesa. Nella misura in
cui riusciamo a raggiungere gli obiettivi della
vocazione e della missione ritengo che si possa essere
felici. Afferma un vecchio missionario di 88 anni,
tuttora in missione in Amazzonia : "Noi parliamo
troppo senza conoscere realmente i nostri recettori, le
loro situazioni, condizioni di vita, e il nostro
messaggio passa sopra le teste. Parliamo e predichiamo
tanto, ma come siamo ignoranti circa le persone a cui ci
rivolgiamo".
4)
La nostra risposta come testimonianza per un'efficace
evangelizzazione con i mass-media
Il
presbitero deve essere un uomo d'azione e contemplazione
Una
delle caratteristiche del cattivo impiego delle
tecnologie della comunicazione è oggi quello di
svuotare in certo senso la persona, renderla incapace di
incontrarsi. Crea attorno alla persona delle barriere
che impediscono di interiorizzare, conoscersi
profondamente e indeboliscono il dialogo con gli altri.
Come già emerso, la relativizzazione di ogni cosa porta
la persona a rimpiazzare la sostanza con le apparenze e
su questa base cerca di costruirsi un suo ruolo, una sua
presenza e di dare un senso alla sua vita.
Quindi, oggi, l'essere umano deve cercare di opporsi a
quella costante esteriorità che lo porta sempre più
lontano da se stesso. E come può fare per riscoprire la
propria identità, il suo essere persona a partire
dall'interiorità?
Penso che sia necessario creare dei momenti di azione
per facilitare la contemplazione. Fin quando la persona
non si scopre dal di dentro non può ritovarsi. Nella
misura in cui si ritrova può fare pure l'esperienza di
Dio. E così diventa più facile realizzare l'incontro
con gli altri, confrontarsi e affrontare anche le nuove
realtà tecnologiche dando un senso a tutto. Un vescovo
dell'Amazzonia mi chiese un giorno con quali criteri
andava scelto il sacerdote incaricato di dirigere la
pastorale della comunicazione sociale. Senza nessuna
esitazione gli dissi: ciò che più importa è che abbia
uno spirito attivo e nello stesso tempo contemplativo,
cioè intraprendente, agile, dinamico, però in grado di
coniugare il tutto con molta orazione e soprattutto con
molti momenti di 'deserto'.
È chiaro che questo vale per tutti, in quanto tutti
respiriamo un'aria mediatica. È quest'aria potrebbe
indebolirci se non prendiamo le dovute precauzione.
Credo che mai come oggi abbiamo tanto bisogno di
pregare. Io direi che la persona stessa debba essere
preghiera, diventando quel tutt'uno che dà la
possibilità di agire con la scioltezza necessaria a
rendersi liberi.
È lo spirito meditativo che permette di combattere la
frammentazione che è tipica conseguenza dell'esplosione
tecnologica attuale. Se da un lato scompagina l'essere,
dall'altro lo compatta. E da qui nasce la capacità di
comunicare veramente. Oggi, nonostante vi siano molti
mezzi di comunicazione, non si riesce a comunicare o per
lo meno si incontrano molte difficoltà. A testimoniare
tutto ciò è l'insoddisfazione di molti giovani, adulti
e persino bambini che alle volte con gesti estremi si
tolgono la vita o diventono violenti. Ecco allora che
questo mondo così bombardato da tanta tecnologia
mediatica ci sprona a rivedere la nostra vita ,
esistenza che non può essere basata sulle interessanti
novità dei mezzi di comunicazione ma, bensì, nella
ricerca di colui che ci ha plasmati.
In questo modo possiamo fare dei mezzi una realtà
vissuta a partire da un'esperienza profonda, che è la
preghiera, e così diventare il medium di un messaggio
autentico.
Papa Giovanni Paolo II è testimone di una vera e grande
comunicazione. Non lo conosco personalmente, però ho la
certezza che viva una dimensione contemplativa molto
profonda, in quanto tutto il suo essere è comunicativo.
Dal linguaggio verbale al gestuale, tutto diventa
comunicazione e soprattutto la sua stessa persona è un
messaggio costante per tutti. È incoraggiamento per
tutti noi a credere che la comunicazione è possibile, a
partire sempre dalla persona e non dai mezzi.

Orazione
del comunicatore
Per
concludere riporto un'orazione del comunicatore che io
stesso ho scritto: Signore, che scruti il cuore
dell'essere umano, vedi le lunghezze d'onda dei nostri
mass media che giungono sempre più lontano, mentre noi
stentiamo a capirci e a capire l'universo che ci hai
messo a disposizione.
Abbiamo
molte difficoltà a riconoscere la tua opera in noi e
attorno a noi. Ci prodighiamo attraverso l'ingegno che
ci hai donato a creare supporti mediatici sempre più
aggiornati e moderni per riconoscerci quali tuoi figli.
Ma ci sentiamo impotenti quando questa opera dell'essere
umano diventa più importante della tua opera. Ci
perdiamo per cui nei meandri della vita che non è la
tua Vita. Non vediamo più orizzonti, ma bensì ostacoli
che ci fanno paura e quindi pensiamo come combatterli,
annientarli.
E
nella misura che scomettiamo solo nel frutto
dell'ingegno umano perdiamo la capacità di percepire la
tua presenza tra di noi. Aiutaci, o Padre di tutti e di
tutto, a non perdere la fonte di ogni sapere e di
ingegno che sei TU, ma mantienici stretti a TE, perché
ogni mediazione più moderna e sofisticata per poter
comunicare possa rispecchiare sempre il tuo progetto che
è il TUO REGNO.
Crediamo
sinceramente nella tua opera prima che è l'essere
umano, e tutti gli sforzi da lui prodotti per migliorare
sempre più la sua comunicazione affinché ci tenga
sempre più vicini a Te, vera Vita.
Letture
suggerite:
Claudio
Pighin, Missione e comunicazione, EMI, Bologna
1998.
Claudio
Pighin, Missionari perché, una testimonianza di
presenza e preghiera,EMI, Bologna 2001.

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