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P. BRUNO COSME, MEP- CHIESA OGGI

 

P. Bruno Cosme, delle Missioni Estere di Parigi (MEP), 40 anni, in Cambogia dal 1994, è dal 2001 il vice di mons. Emile Destombes, vicario apostolico di Phnom Penh. Lo abbiamo incontrato in maggio presso il seminario nazionale, di cui è responsabile e che ospita al momento solo tre candidati al sacerdozio.

Dal 1990 quali sono stati i passi principali della Chiesa in Cambogia?
Anzitutto alcuni missionari che erano qui prima del 1975 sono potuti tornare, cinque in tutto, di cui quattro ancora presenti nel paese. Altri laici e religiosi sono poi venuti in un primo tempo tramite le ONG. Piano piano la Chiesa ha potuto radunarsi e celebrare l'Eucaristia. Sono stati ristabiliti i contatti. La gente non sapeva più dov'era la Chiesa, alcuni nemmeno cos'era e come operava. Sono nate nuove comunità da coloro che avevano ricevuto la fede nei campi profughi o che al rientro si sono stabiliti in luoghi diversi da quelli di origine. Alcuni non cristiani hanno mostrato interesse. Hanno cominciato a riunirsi. Poi hanno chiesto un catechista, quindi un prete, finché le comunità non si sono formate. Il 10% dei cattolici khmer, quindi circa 700 persone, sono ancora catecumeni.

Come è avvenuta l'evangelizzazione nei campi profughi?
Tramite gli stessi cristiani cambogiani, ma anche il personale delle ONG, alcuni sacerdoti presenti stabilmente o temporaneamente. Il nostro p. Robert Venet è sempre stato coi rifugiati fin dal 1976. Ha fatto un lavoro immenso. Questo naturalmente per i cristiani khmer. I vietnamiti invece sono arrivati e continuano ad arrivare già cristiani dal Vietnam. Si insediano lungo e il fiume Mekong e sul lago di Tonle Sap, perché sono anzitutto pescatori. Sono una quindicina di comunità solo attorno a Phnom Penh, circa la metà del totale, ma sono almeno il doppio di tutti i cattolici khmer.

Com'è la vita interna delle comunità cristiane in Cambogia?
In ogni comunità si formano generalmente tre commissioni o gruppi. Il primo è per la liturgia, vale a dire l'animazione della preghiera domenicale, la lettura della parola di Dio, la preghiera serale, il canto, ecc. L'altro è per la catechesi e la formazione cristiana. Il terzo e per la carità: come testimoniare l'amore di Cristo per gli altri, specialmente i poveri e gli ammalati. Si tratta di cose concrete: visitare i pazienti nelle case e aiutarli, se necessario, a rivolgersi agli ambulatori locali o agli ospedali nazionali, coordinandosi eventualmente con le ONG che operano nel settore della sanità o con la diocesi di Phnom Penh, la Caritas ed altre organizzazioni religiose. I missionari americani di Maryknoll e le Missionarie della Carità di Madre Teresa si occupano, ad esempio, dei malati di AIDS.

Quali sono i principali problemi interni alla Chiesa in Cambogia?
Il più evidente è quello che riguarda la collaborazione tra la componente indigena khmer e quella immigrata vietnamita. I vietnamiti sono il doppio dei khmer e di indole più attiva. Al di là del fatto ecclesiale, poi, in passato c'è sempre stato antagonismo tra i due popoli, così come c'è tra khmer e thailandesi. Normalmente le due comunità vivono separate. In passato i missionari francesi hanno dato molta attenzione ai vietnamiti, più propensi alla conversione. Ora la lingua khmer è l'unica ammessa per la liturgia in Cambogia, anche per le comunità vietnamite. Un altro problema per la Chiesa in Cambogia naturalmente è quello delle vocazioni al sacerdozio. Abbiamo nel paese esattamente cinquanta preti, ma solo cinque cambogiani, di cui quattro khmer ed uno vietnamita. E le prossime ordinazioni non sono prossime. Abbiamo ora tre candidati, che hanno davanti ancora circa otto anni di formazione.

Tra i religiosi le cose non vanno meglio?
Per ora, no! Che io sappia, solo i salesiani hanno ora un giovane che sta facendo una certa riflessione. C'è poi un gruppo vocazionale femminile, ma pare ancor più difficile capire l'identità della religiosa. In Cambogia ci sono ormai varie congregazioni, ma tutte con un diverso tipo di apostolato. Anche per una ragazza molto attenta è difficile orientarsi.

Qui non c'è la corsa ai seminari e alle case religiose…
No! In ogni caso è un situazione da capire. Il passato di questa Chiesa è quello che conosciamo e il numero complessivo dei fedeli è molto ridotto: meno di venticinque mila, una comune parrocchia di città in Europa.

Che programmi avete per la vita contemplativa?
Ci stiamo pensando seriamente. Una volta qui c'erano un monastero benedettino maschile ed un carmelo femminile. I monaci furono tutti uccisi dai khmer rossi; le suore partirono una settimana prima della catastrofe. Il loro monastero, contrariamente a quello dei benedettini, è ancora in piedi, ma è proprietà del governo. Ho bussato personalmente a varie porte, in Francia e in Thailandia, per una nuova fondazione in Cambogia. Ma da quei paesi pare difficile. Forse c'è qualche speranza dalla Corea. Sarebbe un bel segno per la gente. Viviamo in un paese di monaci, ma siamo una Chiesa senza vita contemplativa. La gente vede solo dei preti di vita attiva e abbastanza "potenti" con case, macchine e tante opere sociali sostenute da fondi stranieri.

E le sfide che la Chiesa deve raccogliere dall'esterno, quali sono?
La formazione anzitutto, perché riguarda tutta la società. Voglio dire la formazione ai valori, al rispetto della vita, all'onestà e alla generosità. Bisogna fare anche un lavoro di formazione culturale. Bisogna rifondare l'identità nazionale, la memoria storica e nello steso tempo saper discernere, accogliere o rifiutare, a seconda dei casi, ciò che viene dall'esterno, considerato istintivamente migliore. C'è bisogno del vecchio e del nuovo. Dovremmo impegnarci di più nelle università, elaborare una pastorale giovanile più comprensiva, tenendo presente tutto l'universo giovanile non solo i cristiani o quelli che frequentano gli ambienti ecclesiali.. Per ora come Chiesa o come ONG aiutiamo un numero consistente di giovani a frequentare le scuole fino all'università. Abbiamo molti ostelli per studenti a Phnom Penh e nelle province.

Cosa fate nel campo dei media?
Ci stiamo ancora orientando. Abbiamo comunque avviato una pubblicazione per la pastorale. Abbiamo anche la possibilità din produrre un programma radiofonico e mandarlo in onda sulla radio protestante.

Come vanno il dialogo il dialogo interreligioso e l'ecumenismo in Cambogia?
Se si eccettua la preoccupazione proveniente dal proselitismo delle sette cristiane, direi bene. Non si fanno grandi iniziative, ma non ci sono nemmeno contrasti. C'è un rapporto costante col buddhismo da cui viene naturalmente anche la grande maggioranza dei nostri catecumeni. C'è anche un'Assemblea nazionale delle religioni per la pace. Hanno già avuto un paio di riunioni. Il vescovo di Phnom Penh e i prefetti apostolici di Battambang e Kompong Cham inoltre hanno incontri regolari e cordiali con il ministro del culto e i capi delle due denominazioni buddhiste presenti nel paese. Per quanto riguarda invece i rapporti tra diverse denominazioni cristiane ci sono solo iniziative locali ed occasionali. A Kompong Cham, pur essendo una piccola città, ci sono ben 14 denominazioni cristiane, ma hanno ogni mese un incontro di preghiera comune. La Bibbia inoltre è stata tradotta in khmer da un comitato interconfessionale. Per i cattolici ci ha lavorato il p. Francois Ponchaud. Le Chiese protestanti quasi non esistevano prima del 1975. Hanno cominciato a diffondersi nei campi profughi. Ora sono probabilmente più di noi cattolici. Esigono solo una formazione rapida dei catecumeni e dei pastori, che sono quindi tutti locali. Noi invece ci mettiamo dieci anni a formare un prete.

La Chiesa attuale in Cambogia è molto diversa da prima del 1975…
Diversissima! La leadership allora era tutta francese con qualche prete locale. Ora preti e suore sono di 18 nazionalità. Allora tutto ruotava attorno alle missioni e ai missionari. Ora abbiamo anche tredici ONG dichiaratamente cattoliche, che fanno capo di fatto a Istituti e Congregazioni religiose. Fanno un lavoro trasversale, a volte su scala nazionale, nei settori dell'educazione, della sanità, dell'agricoltura, dello sviluppo comunitario… Molte di queste organizzazioni sono giunte in Cambogia nei prima anni Novanta, prima ancora del ritorno del vescovo e del ristabilimento anche solo provvisorio della struttura ecclesiastica. ( Giorgio Licini)

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